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La Penitenzieria Apostolica svolge un servizio esclusivamente spirituale, collegato immediatamente con lo scopo ultimo dell’intera esistenza ecclesiale: la salus animarum. Scopo della Penitenzieria è quello di agevolare il più possibile i fedeli nel cammino di riconciliazione con Dio e con la Chiesa.

In un’epoca nella quale tutto viene spettacolarizzato, l’esistenza del foro interno e della Penitenzieria richiama con forza sia il diritto umano e naturale alla legittima riservatezza e preservazione della buona fama, sia il necessario, costante recupero di quello sguardo soprannaturale sulle cose di Dio e della Chiesa, senza il quale l’intero agire ecclesiale corre il rischio di ridursi a mero funzionalismo mondano.

Secondo una definizione classica, il foro interno è il complesso dei rapporti tra il fedele e Dio, nei quali interviene la mediazione della Chiesa, non per regolare direttamente le conseguenze sociali di tali rapporti, ma per provvedere al bene soprannaturale del fedele, in ordine alla sua amicizia con Dio, cioè allo stato di grazia e, quindi, in ordine alla vita eterna.

Oltre al foro interno sacramentale esiste anche un foro interno non sacramentale, che è dato dalla manifestazione della coscienza del fedele alla Chiesa al di fuori della Confessione, ma, non di meno, nel segreto; l’esempio classico è quello della direzione spirituale posta in essere con atti distinti e separati dalla Confessione sacramentale; oppure della manifestazione di coscienza fatta dai religiosi ai loro Superiori.

La Penitenzieria Apostolica si configura ecclesiasticamente come un Tribunale, poiché in essa si è chiamati a “giudicare” i singoli casi di coscienza. Tuttavia, essa ha specifiche caratteristiche, che ne determinano la differenza rispetto agli altri Tribunali della Chiesa (Segnatura Apostolica, Rota Romana). Tali caratteristiche sinteticamente sono: la riservatezza, l’assenza di contenzioso e la celerità.

La Penitenzieria svolge le sue funzioni normalmente tramite i confessori. In tal senso tratta materie della massima riservatezza. Ciò non vieta ad alcun fedele la possibilità di ricorrere alla Penitenzieria in modo diretto. È bene comunque che i ricorsi siano presentati da un confessore, a garanzia sia della maggiore precisione dottrinale dell’esposto, sia dell’obiettività e dell’imparzialità del giudizio, sia infine per poter fornire alla stessa Penitenzieria maggiori dati circostanziati per un più preciso giudizio. Elemento costitutivo della riservatezza è la tutela assoluta dell’anonimato dei penitenti; pertanto, mai un ricorso deve includere il loro nome, né dati che possano, direttamente o indirettamente, condurre ad essi. Gli stessi rescritti della Penitenzieria devono sempre essere distrutti dopo averne data lettura al penitente, che ha sempre e comunque il diritto a non essere riconosciuto. Occorre porre sempre il penitente nelle condizioni per lui meno disagevoli.

La celerità con cui agisce la Penitenzieria è determinata dall’importanza delle materie da essa trattate per la salvezza delle anime. Tale dato non consente di ritardare risposte e decisioni. Ordinariamente, la Penitenzieria risponde nell’arco di ventiquattro ore dal ricevimento del caso. Non si tratta qui di “efficienza mondana”, ma del tentativo semplice e reale di tradurre, anche attraverso la celerità di una risposta, quella doverosa sollecitudine che tutti i pastori sono chiamati ad avere per le proprie pecore e che, in particolare, la Sede di Pietro desidera poter sempre manifestare. La gravità del peccato e lo splendore della divina misericordia inducono ad agire senza frapporre indugio. “Caritas Christi urget nos!”.

La Penitenzieria Apostolica è un Tribunale tutto speciale. Classificando tale Dicastero della Curia Romana fra i Tribunali e, anzi, ponendolo al primo posto fra di essi, si è voluto attribuire un significato particolare, ricordando che la nostra vita – terrena e tanto più eterna – non è segnata dalla giustizia, ma dalla misericordia di Dio.

 

 
 

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